MUSEO DUCATI
LA STORIA DELLA
DUCATI
Nel 1926, a Bologna, la
famiglia Ducati ed altri investitori bolognesi fondano la Societ?Radio
Brevetti Ducati,
con l'intento di produrre industrialmente componenti per la
nascente industria delle trasmissioni radio, basati su brevetti di Adriano
Ducati. Il primo prodotto, il condensatore Manens per apparecchi radio, subito
seguito da altri, ottiene un grande successo in tutto il mondo, permettendo
subito all'azienda di espandersi velocemente e di conquistare il rispetto della
comunit?industriale internazionale.
Il primo giugno 1935
viene posata la prima pietra dello stabilimento di Borgo Panigale. Un progetto
modernissimo ed ambizioso con il dichiarato obiettivo di realizzare un polo
industriale e tecnologico a Bologna. In questo periodo la Ducati si sviluppa
ulteriormente all'estero e apre sedi e filiali a Londra, Parigi, New York,
Sidney e Caracas assicurando un servizio e un'assistenza diretta ai propri
Clienti in tutti i principali mercati mondiali.
La Seconda Guerra Mondiale
risulta fatale per gli stabilimenti di Borgo Panigale che vengono rasi al suolo
nel 1944. Fortunatamente, per tutta la durata della guerra, i fratelli Ducati
studiano e progettano nuovi prodotti da proporre sui mercati internazionali alla
conclusione del conflitto
Nel settembre 1946, alla
Fiera di Milano, compare il Cucciolo: il piccolo motore ausiliario per
biciclette destinato a diventare il pi?famoso nel mondo. Venduto prima in
scatola di montaggio da applicare alla bicicletta, ha ben presto un proprio
telaio costruito dalla Caproni di Trento (altro marchio famoso in campo
aeronautico) su brevetto di Capellino. In breve tempo il Cucciolo diventa una
vera e propria motocicletta in miniatura. Grazie al successo del Cucciolo e dei
suoi derivati, Ducati diventa un marchio affermato anche nel settore meccanico.
Nel 1952 nasce
l'avveniristico scooter di 175 cc. Cruiser, con avviamento elettrico e
trasmissione automatica.
La 98 fu concepita come un modello essenziale a prestazioni ridotte. Il suo design estremamente razionale mirava ad offrire al pilota una moto che fosse al tempo stesso semplice, di lunga durata e versatile. Grazie a una leggera rielaborazione del motore, affidabile ma dalle prestazioni ridotte, raggiunse il successo ottenendo due secondi posti alla Sei Giorni del Galles nel 1964.
La 98 fu concepita come un modello essenziale a prestazioni ridotte. Il suo design estremamente razionale mirava ad offrire al pilota una moto che fosse al tempo stesso semplice, di lunga durata e versatile. Grazie a una leggera rielaborazione del motore, affidabile ma dalle prestazioni ridotte, raggiunse il successo ottenendo due secondi posti alla Sei Giorni del Galles nel 1964.
Nel 1953, Ducati
presenta una 98 cc., economica e spartana, che verr?presto maggiorata a 125cc.
Nel 1954 arriva in
Ducati un personaggio destinato a diventare un mito: l'ingegner Fabio Taglioni,
"doctor T". Insegnante alla "Tecniche" di Imola, Taglioni ha
gi?realizzato motori dalle caratteristiche tecniche originali e dalle
prestazioni sbalorditive. Il disegno Taglioni, ardito e anticonformista, ha il
suo battesimo nelle corse. Fin dal debutto in Ducati, Taglioni vuole infatti
dimostrare la qualit?delle sue soluzioni partecipando alle gare di granfondo
come la Milano-Taranto e il Giro d'Italia.
Alla fine del 1956 nella gamma
Ducati figura una 175 a 4 tempi per i tipi Turismo, Special e Sport capaci di
notevoli prestazioni (110-120-135 km/h).
Nel 1955, Taglioni
decise di sviluppare una moto con un motore da 100 cc monocamma e con coppia
conica. Questa combinazione (a cui Taglioni sarebbe rimasto legato per la
maggior parte della sua carriera) era considerata complessa e costosa. Ma
a Taglioni fu concessa piena libert?e il risultato fu la Gran Sport 100, detta
Marianna. Fin dall'inizio, la Gran Sport si colloc?in una categoria a se
stante. Dimostr?il suo valore stravincendo la sua prima gara, e
continuando a dominare le gare di Gran Fondo. Forse, per? il maggiore
exploit di questa moto consistette nel dimostrare che era possibile produrre in
serie moto di cilindrata fino a 350 cc. La Marianna simboleggiava la nuova
filosofia Ducati: creare moto di serie capaci di vincere in gara.
Nel 1956 la Ducati
tent?di battere una serie di record mondiali in numerose categorie. In quel
periodo, il pubblico era totalmente affascinato dai primati di velocit? Per
questo contesto la Ducati cre?un veicolo concepito per battere record, usando
la Gran Sport 100 come base. In effetti, le modifiche erano limitate alla
meccanica e alla ciclistica. In compenso, modifiche sostanziali vennero
apportate alla carrozzeria, concepita dalla Ducati assieme a un ingegnere
aeronautico e alla carrozzeria Tibaldi, specializzata nella lavorazione
dell’alluminio. Il risultato: un’affascinante carena “a sogliola?che
migliorava considerevolmente l’aerodinamicit?del veicolo.
Con il sistema
desmodromico del 1957, le monocilindriche Ducati raggiunsero il culmine del loro
sviluppo. Da questo punto di vista, il Trialbero Desmo 125 si caratterizza come
la prima Ducati veramente riconoscibile. La sua creazione ?stata un momento
fondamentale nella storia dell’ingegneria motociclistica. Ecco una citazione
di Taglioni dal periodico Motociclismo: “Lo scopo primario del sistema ?di
costringere la valvola a seguire fedelmente il diagramma di distribuzione,
mentre il risparmio di energia dispersa ?pressoch?trascurabile. Si ha una
maggiore costanza nelle prestazioni e una maggiore sicurezza di funzionamento
Nel 1957 al
Salone di Milano figura insieme ai modelli citati anche un modello
"America".
Nel corso del 1958 la Ducati produce anche l'"Elite" di 200 cc. Il 1958 ?anche l'anno del trionfo del sistema desmodromico che l'ingegner Taglioni ha studiato dal 1955. Da questo progetto prende vita, nel 1960, il famoso bicilindrico di 250 cc., richiesto alla Ducati dal corridore inglese di fama mondiale Mike Hailwood
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con il preciso intento di ottenere una macchina dalle prestazioni
"superiori" capace di vincere sempre.
Nel corso del 1958 la Ducati produce anche l'"Elite" di 200 cc. Il 1958 ?anche l'anno del trionfo del sistema desmodromico che l'ingegner Taglioni ha studiato dal 1955. Da questo progetto prende vita, nel 1960, il famoso bicilindrico di 250 cc., richiesto alla Ducati dal corridore inglese di fama mondiale Mike Hailwood
Nel 1959 il giovane
pilota inglese Mike Hailwood?sembrava essere destinato alla gloria. Era
dotato di un incredibile talento mentre suo padre, Stan Hailwood, un uomo di
considerevoli mezzi, gli forniva sostegno finanziario e contatti nel mondo delle
moto. Mancava una cosa sola: la moto giusta. Con la creazione della Ducati 250,
Mike, uno dei pi?grandi piloti di tutti i tempi, inizi?la sua leggendaria
collaborazione con la Ducati.
Dietro richiesta di Hailwood padre, Taglioni prepar?un’eccellente bicilindrica per il giovane pilota, una 250 con alesaggio e corsa di 55,25 x 55 mm, le stesse della 125 con distribuzione Desmo. La distribuzione era comandata da una cascata di ingranaggi centrale. La moto erogava una potenza di 37 CV a 11.600 giri ed era equipaggiata con un telaio doppia culla.
Dietro richiesta di Hailwood padre, Taglioni prepar?un’eccellente bicilindrica per il giovane pilota, una 250 con alesaggio e corsa di 55,25 x 55 mm, le stesse della 125 con distribuzione Desmo. La distribuzione era comandata da una cascata di ingranaggi centrale. La moto erogava una potenza di 37 CV a 11.600 giri ed era equipaggiata con un telaio doppia culla.
Lo Scrambler era
principalmente destinato al mercato americano. Sub?continue modifiche fino al
1968, quando uscirono i veri Scrambler con i motori a “carter largo? prima
nella versione 250 e 350 e poi, nel 1969, nella 450.
E fu cos?che nel 1964
nacque il “colosso? Era un veicolo possente con una cilindrata di 1.257 cc
e un motore quattro cilindri a 90?a V. Il lato pi?affascinante di
questo gigante delle due ruote consisteva nel fatto che non si trattava di un
progetto fine a se stesso destinato a rimanere relegato sul tavolo da disegno o
da realizzare come un “esercizio stilistico?da mostrare in fiera.
Sottoposta a prove rigorose, la moto evidenzi?il suo maggior difetto. A
quei tempi non esistevano pneumatici per moto in grado di sopportare la tremenda
potenza e la coppia di una moto del genere.
Per comprendere pienamente la
filosofia produttiva Ducati degli anni sessanta e settanta, occorre analizzare
l'evoluzione dei motori monocilindrici monoalbero a camme e della loro
suddivisione nelle due famiglie a "carter largo" e "carter
stretto". Eredi del Marianna, i monocilindrici Ducati videro la loro
cilindrata aumentare rapidamente da 100 cc a 175 cc, fino ai 250 cc del Diana.
Il Diana era estremamente godibile per i motociclisti del tempo, considerando
che, in condizioni ideali (scarico diritto, acceleratore ben aperto e pilota in
posizione raccolta), la moto poteva raggiungere i 140 km/h. Nel 1965
a questa sportiva fece seguito l'ancora pi?aggressiva Mach 1 250, un classico
del suo tempo.
Le origini di molte moto sono
spesso avvolte nel mistero, ma l’esatta evoluzione della Ducati 750 GT pu?
essere ancora definita. I bicilindrici a coppie coniche a V di 90? definiti
“a elle? hanno una precisa data di nascita: il 20 marzo del 1970. Lo
storico britannico Ian Faloon riferisce che Fabio Taglioni realizz?il primo
schizzo di quello che sarebbe diventato il suo motore pi?famoso e pi?amato,
e che negli anni avrebbe ottenuto l’affettuoso soprannome di “pompone?
l’ultimo giorno d’inverno del 1970.
Non pass?molto tempo prima che il prototipo arrivasse sul banco. Era un bicilindrico disposto longitudinalmente e in una configurazione a V di 90? Dal punto di vista dell’equilibratura, questa era la scelta migliore.
Il metodo di Taglioni era diretto, logico e pratico: visualizz?la moto come un veicolo sportivo essenziale. La distribuzione era lo stesso monoalbero a coppie coniche dei monocilindrici, mentre la cilindrata di 750 cc venne ottenuta con alesaggio e corsa di 76 x 75 mm. Il prototipo venne costruito in fretta. Ne risult?una moto molto personale, in cui il motore giocava un ruolo centrale anche dal punto di vista estetico.
La moto finale era molto simile al prototipo. La GT 750 vide la luce nel giugno del 1971. Aveva il telaio pi?dimensionato rispetto al prototipo, mentre i carburatori erano Amal Concentric da 30 mm. L’avantreno montava un freno a disco Lockheed. Il nome stesso, Gran Turismo, rivelava subito che non si trattava di una moto sportiva, ma il potenziale del bicilindrico fu subito chiaro agli estimatori.
Non pass?molto tempo prima che il prototipo arrivasse sul banco. Era un bicilindrico disposto longitudinalmente e in una configurazione a V di 90? Dal punto di vista dell’equilibratura, questa era la scelta migliore.
Il metodo di Taglioni era diretto, logico e pratico: visualizz?la moto come un veicolo sportivo essenziale. La distribuzione era lo stesso monoalbero a coppie coniche dei monocilindrici, mentre la cilindrata di 750 cc venne ottenuta con alesaggio e corsa di 76 x 75 mm. Il prototipo venne costruito in fretta. Ne risult?una moto molto personale, in cui il motore giocava un ruolo centrale anche dal punto di vista estetico.
La moto finale era molto simile al prototipo. La GT 750 vide la luce nel giugno del 1971. Aveva il telaio pi?dimensionato rispetto al prototipo, mentre i carburatori erano Amal Concentric da 30 mm. L’avantreno montava un freno a disco Lockheed. Il nome stesso, Gran Turismo, rivelava subito che non si trattava di una moto sportiva, ma il potenziale del bicilindrico fu subito chiaro agli estimatori.
Dopo il 1958 la Ducati
aveva smesso di partecipare alle competizioni mondiali. Per questo motivo
l’apparizione della 500 GP nel 1971 riemp?i fan di entusiasmo: finalmente la
loro marca preferita ritornava nel suo ambiente pi?naturale
Nel 1972 La 750 Imola
Desmo ?una delle moto pi?famose del mondo. E?conosciuta soprattutto per
la vittoria che le ha dato il nome, con Paul Smart e Bruno Spaggiari nella 200
miglia di Imola nel 1972: una delle pi?spettacolari nella storia delle corse.
Sono stati versati fiumi di inchiostro sul fantastico giro finale, che ha visto
Smart e Spaggiari fianco a fianco quasi fino al traguardo; ma si ?parlato poco
di come questa corsa abbia cambiato il destino della Casa produttrice.
Nel 1974
Nasce la 750ss. Questa moto, al di l?delle sue prestazioni spettacolari,
offriva anche una serie di caratteristiche viste di rado in una moto sportiva.
Il motore quattro tempi era in grado di soddisfare le esigenze di qualunque
centauro, compresi quelli interessati alle corse, senza alcuna speciale
modifica. Questo era il risultato di un design senza compromessi e di una cura
certosina nella costruzione, che combinava il potenziale del motore bicilindrico
con le impareggiabili meccaniche della leggendaria 750 Imola.
La Mike Hailwood?Replica, la
pi?recente evoluzione della famosa 900 Super Sport, fu prodotta da Ducati per
celebrare il suo primo titolo mondiale. Su questa moto, creata per lo zoccolo
duro dei Ducatisti, non era nemmeno previsto l'avviamento elettrico. Imponente e
maestosa, era la vera moto per veri biker.
La moto erogava 87 CV di
potenza, qualcosa in meno della quattro cilindri Honda ufficiale di Read,
costruita appositamente per vincere il primo campionato mondiale di Tourist
Trophy. D'altra parte, in sella alla moto c'era Mike Hailwood. Dopo
una gara veramente sensazionale, Hailwood vinse sia la gara sia il titolo,
ripetendosi una settimana dopo a Mallory Park, dove batt?di nuovo la
concorrenza giapponese.
Nel 1981: Una delle maggiori riviste di motociclismo ha descritto la
Pantah 500 con queste parole: "Non esiste niente al mondo di pi?potente o
pi?veloce della Pantah." Progettata da un'?uipe incomparabile di mostri
sacri composta da Taglioni, Mengoli, Bocchi e Martini, ?stata, sotto tutti i
punti di vista, una delle moto di maggior successo e pi?vicina alla perfezione
in tutta la storia della produzione Ducati.
Nel 1981 la Ducati
prepar?uno stupefacente bicilindrico da competizione, basato sulla Pantah di
serie, conosciuto semplicemente come TT2. Il telaio era leggerissimo: appena 7
chili. La forcella era una Marzocchi con foderi di magnesio, mentre la
sospensione posteriore monoammortizzatore in cantilever utilizzava una singola
unit?Paioli. Degne di nota erano anche le ruote in lega ultraleggera
Campagnolo da 18 pollici; in seguito la moto venne equipaggiata con una ruota
anteriore da 16 pollici. La moto utilizzava un impianto frenante Brembo con un
doppio disco da 280 mm sull’anteriore. Il motore sfiorava i limiti consentiti
dai regolamenti: 597 cc. La moto, molto leggera e cos?compatta da essere poco
adatta a piloti di alta statura, aveva una carenatura profilata e un serbatoio
incastrato tra i tubi del telaio.
Nel 1989 era molto simile alla moto con cui un anno prima
Marco Lucchinelli aveva vinto la prima gara di Superbike a Donington
Nel 1991: L'888 sbaragli?le concorrenti a quattro
cilindri nel Mondiale Superbike su uno dei circuiti pi?impegnativi d'Europa.
Motociclismo, una delle pi?importanti riviste di motociclismo a livello
mondiale, comment?cos? "... la Ducati ?pi?facile da guidare della
migliore 600 da strada ... la frenata ?incredibile ... [e ha] il motore pi?
potente visto in campionato
Nel 1993: Nascita della Supermono: Questa monocilindrica
a quattro tempi straordinariamente raffinata ed elegante ?il frutto del genio
del progettista Pierre Terblanche unito alla visione di Massimo Bordi, tradotti
in tecnica allo stato puro da Claudio Domenicali. Una vasta gamma di componenti
e caratteristiche high-tech (raffreddamento ad acqua, iniezione elettronica,
doppie bielle) hanno contribuito alla creazione di questa moto, la pi?
competitiva della sua categoria.
Nel 1992 la Ducati ha presentato una moto il cui impatto
sul design motociclistico mondiale nell'ultimo decennio pu?essere comparato
solo a quello della Ducati 916. Per diventare un capolavoro di minimalismo
visivo, ?stato abbandonato tutto il superfluo: "Tutto quello di cui si ha
bisogno sono sella, serbatoio, motore, due ruote e manubrio" ci spiega
Miguel Galluzzi, il designer del Monster. Elementi considerati in precedenza
puramente funzionali (basamento motore, telaio, ecc.) sono stati elevati allo
stato di "forma funzionale" semplicemente per il fatto di essere messi
in mostra.
Una delle moto pi?imitate di tutti i tempi, il Monster ha generato intere legioni di imitatori... anche se, dopo tutto, l'imitazione rimane sempre la forma pi?elevata di ammirazione. Il Monster ?nudo per scelta e non per una questione di costume; anche se le moto sono state nude per decenni, c'?voluta l'intenzionalit?della "scoperta" di Galluzzi per rendere la moto veramente nuda.Salone di Colonia, autunno 1992. In mezzo alle tante novit?che popolano gli stand compare un misterioso prototipo Ducati: ?il Monster 900. Un prototipo destinato a entrare di diritto nella storia del motociclismo mondiale. Mostruosamente bello, ?un cocktail di componenti squisitamente Ducati: su un telaio a traliccio di tubi della serie 851/888 monta il Pompone da 904cc di provenienza Supersport raffreddato ad aria/olio.
Con la sua decisa personalit? sfacciatamente nuda, questa moto ha rivoluzionato, conferendole fama e prestigio, la categoria "naked", fino ad allora sconosciuta in Occidente. E' nata cos?la scuola del Monster, seguita da tanti cloni senza personalit? Da quel giorno il Monster ha conosciuto una storia di grande successo, ?diventato una famiglia, ha visto innumerevoli versioni speciali e si ?evoluto ogni anno senza perdere un briciolo della sua mostruosa identit?
Una delle moto pi?imitate di tutti i tempi, il Monster ha generato intere legioni di imitatori... anche se, dopo tutto, l'imitazione rimane sempre la forma pi?elevata di ammirazione. Il Monster ?nudo per scelta e non per una questione di costume; anche se le moto sono state nude per decenni, c'?voluta l'intenzionalit?della "scoperta" di Galluzzi per rendere la moto veramente nuda.Salone di Colonia, autunno 1992. In mezzo alle tante novit?che popolano gli stand compare un misterioso prototipo Ducati: ?il Monster 900. Un prototipo destinato a entrare di diritto nella storia del motociclismo mondiale. Mostruosamente bello, ?un cocktail di componenti squisitamente Ducati: su un telaio a traliccio di tubi della serie 851/888 monta il Pompone da 904cc di provenienza Supersport raffreddato ad aria/olio.
Con la sua decisa personalit? sfacciatamente nuda, questa moto ha rivoluzionato, conferendole fama e prestigio, la categoria "naked", fino ad allora sconosciuta in Occidente. E' nata cos?la scuola del Monster, seguita da tanti cloni senza personalit? Da quel giorno il Monster ha conosciuto una storia di grande successo, ?diventato una famiglia, ha visto innumerevoli versioni speciali e si ?evoluto ogni anno senza perdere un briciolo della sua mostruosa identit?
Nel 1995: Solo una moto straordinaria come la 916
poteva riuscire a offuscare la popolarit?dell'888. Non solo era pi?potente,
ma anche pi?leggera. Dotata di un'estetica accattivante e di una grazia senza
tempo, la 916 raggiungeva una velocit?eguagliata solo da una pari
maneggevolezza e montava un motore di cui si ?parlato in termini solitamente
riservati ai vini di grande annata.
Nel 2000: La MH900e diventa la prima motocicletta a
essere venduta esclusivamente su Internet. A poche settimane dall’alba del
nuovo millennio, 2000 appassionati avevano gi?prenotato la nuova moto
progettata da Pierre Terblanche.
Basandosi sul successo della MH900e, la Ducati rafforza il suo impegno strategico su Internet fondando Ducati.com, una consociata indipendente, che porter?i successi della Ducati nel cyberspazio.
Basandosi sul successo della MH900e, la Ducati rafforza il suo impegno strategico su Internet fondando Ducati.com, una consociata indipendente, che porter?i successi della Ducati nel cyberspazio.
A met?luglio l’azienda celebra i 100.000 Monster prodotti
dal 1993, anno della nascita di questo modello, diventando nel tempo oggetto di
culto, simbolo e punto di riferimento per tutti i suoi estimatori.Sempre per
quanto riguarda il prodotto, al Salone di Milano, viene presentato un nuovo
progetto: la Multistrada ... Ducati ascolter?il parere dei propri
appassionati, prima di decidere lo sviluppo o meno del progetto stesso!
Il 2001 verr?ricordato in azienda anche come l’anno della morte di Bruno Cavalieri Ducati, ultimo dei tre fratelli fondatori dell’azienda di Borgo Panigale, e Fabio Taglioni, conosciuto da tutti come il Dottor T, padre del motore bicilindrico a “L?di 90? elemento costitutivo e tuttora caratterizzante delle moto Ducati.
Il 2001 verr?ricordato in azienda anche come l’anno della morte di Bruno Cavalieri Ducati, ultimo dei tre fratelli fondatori dell’azienda di Borgo Panigale, e Fabio Taglioni, conosciuto da tutti come il Dottor T, padre del motore bicilindrico a “L?di 90? elemento costitutivo e tuttora caratterizzante delle moto Ducati.
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