LA STORIA DEL MONSTER
Il Monster è la Ducati più
venduta nella storia della casa italiana con oltre 200.000 unità...
Basta solo questo dato a
spiegare come una motocicletta possa diventare un mito nell’immaginario di
migliaia di appassionati. Al contrario di quanto si potrebbe pensare, il nome
non è di radice anglosassone. La leggenda narra che fu un operaio bolognese a
coniarlo, esclamando “Ma l’è proprio un monster!” alla prima vista del grezzo
prototipo di Galluzzi.
Il Monster nacque dalla
matita di Miguel Galluzzi nel 1992. La scelta cadde su una naked per due
motivi: da una parte la possibilità di sfruttare ciclistica e motore di modelli
già in produzione; dall’altra, si poteva disegnare una moto completamente nuova
per la casa bolognese, ma inconfondibilmente Ducati nel carattere e nella
personalità.
L’idea iniziale era
quella di proporre una vera sportiva Ducati senza alcuna sovrastruttura, ma
ugualmente piena di carattere. Ciò imponeva l’uso del “Pompone” per eccellenza:
il 904 cc Desmodue a carburatori, allora al top della gamma raffreddata ad aria
e leader incontrastato della fortunata gamma Super Sport. Il telaio venne
ripreso dalla mitica serie Superbike 851-888, assieme al gruppo
forcellone-archetto-monoammortizzatore posteriore. La frizione era a secco con
comando idraulico, come da tradizione. I nuovi componenti vennero studiati ai
limiti dell’essenzialità: dalla strumentazione, curiosamente priva di
contagiri, ai supporti pedana, ricavati in un’unica fusione, fino al tanto
discusso gruppo porta targa, che in realtà appesantiva non poco il bellissimo
posteriore della naked di Borgo Panigale.
Il
Monster M900
Il
"Pompone"
Dopo il debutto
ufficiale al salone di Colonia del 1992, l’anno successivo fu commercializzato
il Ducati Monster M900, al prezzo di 12.500.000 Lire. Nel ’94 fu affiancato
dalla sorellina di 600 cc che, per contenere il prezzo, perdeva un disco
all’anteriore, adottava il forcellone in acciaio invece che alluminio, il
cambio a 5 rapporti, la frizione in bagno d’olio e perdeva il radiatore
dell’olio. La potenza si attestava sui 50 CV all’albero, in realtà un po’ pochi
per divertirsi ma sufficienti per i neofiti. Sparivano anche i fianchetti in
carbonio e i paracalore sulle marmitte. La misura del cerchio posteriore era
ridotta di un pollice rispetto ai 5,5” del 900, adottando uno pneumatico da 160
in luogo del 170 (ma da libretto il 900 era omologato anche per il 180).
Nel 1995 il telaio
grigio e i cerchi neri del 900 furono sostituiti dall’evocativa colorazione oro
che caratterizzava la neonata 916 di Tamburini.
Nel 1996 debutto l’M750,
dotato dello stesso propulsore della serie Super Sport (64 CV), ma con una
dotazione pressoché pari a quella del 600, compreso il cambio a 5 rapporti. La
sola innovazione fu il colore grigio metallizzato, che in seguito venne
proposto anche sulle altre cilindrate.
Il
Monster 750
Nel 1997 l’unica grossa
novità riguardò il 900 che, colpevole forse di essere troppo riottoso
nell’erogazione della coppia, venne modificato per renderlo più fluido e
trattabile, specie ai bassi regimi. Le valvole passarono a 41 mm
all’aspirazione e 35 allo scarico (43 e 38 nel 904 standard). Il diagramma di
distribuzione venne leggermente modificato col risultato che il Monster perse
una manciata di cavalli rispetto ai 74 originali, la curva di coppia divenne
più regolare, guadagnando in guidabilità ai bassi e mantenendo nel complesso
prestazioni di rilievo. Sempre sul modello ’97, chiamato dagli appassionati
“valvole piccole”, vennero introdotte le forcelle regolabili (41 mm), un
sistema di riscaldamento delle vaschette dei carburatori e il primo cupolino,
in realtà dalla linea un po’ goffa, ma efficace.
Nel 1998, la Ducati uscì
dall’era Cagiva, e i miglioramenti dal punto di vista della tanto criticata
affidabilità si fecero sentire negli anni successivi. Venne introdotto il
Monster 900 S, dotato del vecchio 900 a “valvole grandi” e arricchito dalla
forcella Showa e da altri particolari speciali, compreso il carbonio per i
parafanghi. Altra versione del Monster entrata nell’Olimpo fu il 900 Cromo,
prodotto in piccola serie e caratterizzato dal serbatoio cromato in acciaio con
loghi in rilievo e parafanghi in carbonio.
Il
Monster Cromo
Sempre in quell’anno, la
Ducati fece una scelta di mercato che si sarebbe rivelata una mossa fortunata:
introdusse l’M600 Dark, ovvero non più verniciato ma nero opaco, telaio nero,
semplificato al massimo nella componentistica e negli allestimenti per rendere
il prezzo ancora più accessibile. Il successo di questa versione fu tale che
negli anni seguenti vennero introdotti anche i 750 e 900 Dark. Nel 1999 l’M900
S riceveva sospensioni Ohlins, diventando il più prestigioso tra i mostri a
carburatori.
Il
Monster 600 Dark
Con l’avvento del nuovo
millennio, Ducati introdusse l’iniezione elettronica sul 900, che adottava
praticamente il propulsore della Coeva SS 900 ie (78 CV) Anche l’estetica venne
ritoccata leggermente dal controverso Pierre Terblanche (lo stesso che disegnò
999-749 e Multistrada). La fasatura era notevolmente più spinta rispetto ai
vecchi 904 e venne ulteriormente potenziato il sistema di lubrificazione,
aumentando le capacità di raffreddamento del lubrificante con diversi passaggi
e getti d’olio sul cielo dei pistoni, unitamente ad un nuovo radiatore
maggiorato. Il telaio non venne modificato, eccezion fatta per la forcella da 43
mm Showa regolabile. Il cupolino divenne meno ingombrante, la strumentazione
più gradevole con la comparsa del contagiri, il serbatoio più piccolo e meno
ingombrante. Le sorelle minori restarono alimentate a carburatori.
Il
Monster 900 ie
Nel 2001 venne
presentato il primo Monster a 4 valvole, chiamato S4: montava il motore della
gloriosa 916 leggermente rivisto (101 CV). Le novità maggiori riguardarono: il
nuovo telaio (di serie poi su tutti i Monster) derivato dalla ST4 con tubi a
sezione maggiorata, ma privo dello storico archetto al posteriore della 851,
sostituito da un’asta di reazione regolabile; il classico manubrio a corna di
bue venne rimpiazzato da una coppia di semimanubri realizzati per fusione; i
cerchi non erano più i leggendari Brembo a tre razze del primo 900, ma dei più
leggeri marchesini a cinque razze. Da ricordare il Monster S4 Foggy replica,
dedicato al quattro volte campione del mondo Superbike “King” Carl Fogarty.
Il
Monster S4
Il
Monster S4 Foggy replica
L’anno seguente nacque
una nuova cilindrata che avrebbe riscosso notevole successo: il 620 ie, di
fatto un 750 depotenziato a iniezione (60 CV). Per diversi anni rappresentò
l’entry level della gamma Ducati. L’impianto frenante era finalmente a doppio
disco da 320 mm. Negli anni successivi debuttò anche la versione S, dotata di
cupolino e coprisella di serie, forcellone in alluminio, fianchetti e
paracalore in carbonio e per finire asta di reazione regolabile al retrotreno.
Il 750 guadagnò l’iniezione elettronica, ma si trattò del canto del cigno per
questa storica cilindrata.
Il
Monster 620 ie
Nel 2003 scomparvero sia
il 750 che il mitico 900, rimpiazzati rispettivamente dai nuovi 800 ie e 1000
DS (Dual Spark). Quest’ultimo aveva un motore completamente nuovo, dotato di
doppia accensione per regolarizzare l’erogazione ai bassi regimi e meglio
gestire tutti i 95 CV erogati, valvole più grandi (45 mm all’aspirazione e 40
mm allo scarico). Oltre alle versioni Dark e S, per il 1000 fu prodotta una
limitatissima (e ricercatissima) serie Cromo. L’800 raggiunse prestazioni
sostanzialmente simili a quelle del 900 (77 CV), ma con una coppia giocoforza
inferiore. Il cambio era finalmente a 6 rapporti, come sulle sorelle maggiori.
La frizione restava in bagno d’olio, a secco solo sul 1000.
Il
Monster 1000 DS
Il 2004 segnò una grande
svolta per il Monster. Venne lanciato il 1000 S4R, motore Desmoquattro a
liquido del 996, leggermente depotenziato (113 CV). Ma la novità più ghiotta
riguardò il forcellone monobraccio in traliccio di tubi in alluminio e gli
scarichi a canna di fucile sovrapposti . La dotazione era impreziosita dalla
forcella Showa con trattamento al TiN (nitruro di titanio) degli steli. Le
nuove colorazioni erano caratterizzate dall’ormai leggendaria banda bianca che
tagliava cupolino, serbatoio e coprisella longitudinalmente.
Il
Monster S4R
Sempre nello stesso
anno, il 620 ricevette la nuova frizione APTC ad asservimento di coppia con
funzione antisaltellamento, accoppiata allo stesso cambio a 6 rapporti
dell’800. Il prezzo di questo modello restava superiore a quello delle diretti
concorrenti, così Ducati lanciò sul mercato la variante Dark a singolo disco,
priva della nuova frizione APTC e col vecchio cambio a 5 rapporti. Meritano una
citazione anche le versioni speciali del 620: la Matrix e la Capirex, uscite
nello stesso periodo.
Nel 2005 l’unica novità
riguardò l’ingresso del Monster S2R 800, equipaggiato col propulsore Desmodue
dell’800 (77 CV), uscito di scena nel frattempo, e con la frizione APTC.
Curiose scelte furono invece la forcella Marzocchi da 43 mm non regolabile e la
riduzione dell’impianto frenante a due dischi da 300 mm, con pinze flottanti a
due pistoncini mortificate dalla colorazione nera, in luogo della più
prestigiosa dorata. Il cerchio posteriore era lo stesso dell’S4R da 5,5”
(pneumatico da 180/55-17).
Il
Monster S2R 800
Ducati tentò un nuovo
esperimento lanciando il Monster 400 sul mercato italiano (da sempre presente
sul listino giapponese però). L’allestimento era quello del 620 base, cambio a
6 rapporti e 40 CV di potenza massima.
Nel 2006 venne
presentato quello che resterà il Monster più potente mai prodotto dalla casa di
Borgo Panigale: l’S4RS. Il motore era il mitico 998 cc Testastretta, ripreso
dalle Superbike 998 e 999, rivisto leggermente nell’erogazione (130 CV). La
dotazione era delle più ricche: nuovi cerchi Marchesini a 5 razze sdoppiate,
forcella Ohlins a steli rovesciati con trattamento al TiN, monoammortizzatore
Ohlins completamente regolabile con serbatoio “piggyback” , impianto frenante
con dischi da 320 mm e pinze radiali a 4 pistoncini. La splendida colorazione
era la bianco perla con banda rossa. Dal 2007 l’S4R monterà di serie il motore
Testastretta con la stessa dotazione del modello “base”. Venne prodotta anche
una versione speciale, l’S4RS Tricolore, caratterizzato da una colorazione
ispirata alla bandiera italiana e da una dotazione ancora più ricca del modello
standard.
Il
Monster S4RS
Il
Monster S4RS Tricolore
La famiglia S2R fu
allargata con l’avvento della versione 1000, motorizzata col 1000 DS ad aria e
molto simile esteticamente all’S2R 800. Le differenze riguardavano la forcella
Showa regolabile e l’impianto frenante maggiorato (dischi da 320 mm e pinze a 4
pistoncini, sempre di colore nero).
Il
Monster S2R 1000
Sempre nel 2006 Ducati
lanciò anche il Monster 695, erede del 620 e portatore di decise innovazioni.
Prima fra tutte l’adozione della nuova linea elettrica CAN che permetteva di
eliminare dal telaio a traliccio cablaggi vari e fascette, tanto amati però dai
puristi. Il propulsore guadagnò 10 CV, raggiungendo quota 73 ed eguagliando
sostanzialmente le prestazioni del primo “Pompone”, con coppia naturalmente
inferiore; merito delle nuove valvole da 43 mm all’aspirazione e 38 mm allo
scarico (41-35 quelle dei 750-620 ie). Le colorazioni disponibili erano nera e
rossa, con telaio unitamente rosso, ma prestò venne commercializzata anche la
versione Dark.
Il
Monster 695
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